
🎬 SCHEDA
TITOLO ORIGINALE
Pacific Rim: Uprising
PRODUZIONE
John Boyega, Cale Boyter, Guillermo del Toro, Jon Jashni, Femi Oguns, Mary Parent, Thomas Tull
REGIA
Steven S. DeKnight
SCENEGGIATURA
Steven S. DeKnight, Emily Carmichael, Kira Snyder, T.S. Nowlin
SOGGETTO
Travis Beacham
CAST
John Boyega, Scott Eastwood, Cailee Spaeny, Burn Gorman, Charlie Day, Tian Jing, Jin Zhang, Adria Arjona, Rinko Kikuchi
COLONNA SONORA
Lorne Balfe
FOTOGRAFIA
Dan Mindel
MONTAGGIO
Dylan Highsmith, Josh Schaeffer, Zach Staenberg
SCENOGRAFIA
Stefan Dechant, Gillian Butler, Cynthia La Jeunesse
COSTUMI
Lizz Wolf
🖋️ Recensione
Dieci anni sono trascorsi da quando Stacker Pentecost si è sacrificato per chiudere la Breccia e ricacciare i mostri nell’abisso. Jake, il figlio di Pentecost, tra feste in lussuose ville diroccate vive alla giornata saccheggiando Jäger: giganteschi robot di metallo caduti in battaglia contro i Kaijū alieni invasori. L’incontro con una ragazza di strada, provetta meccanica, lo riporta tra i ranghi a pilotare nuovamente uno Jäger per fronteggiare un’altra terribile minaccia proveniente dall’interno del sistema.
Rivolta. Macchine contro macchine in questo sequel spaccone che strizza l’occhio ai Transformers e Power Rangers. Il regista Steven S. DeKnight si concentra più sulla forma che sul contenuto e lo fa, senza vergogna, alla luce del sole. La componente psicologica dei personaggi resta, purtroppo, sottotraccia lasciando alle mere scazzottate e sparatorie il compito di ingaggiare facilmente l’attenzione.
Da un lato, il senso di ribellione porta Jake a infrangere le regole, dall’altro a responsabilizzarlo per tener fede al suo retaggio. Questa dicotomia ricorda il coraggioso e maldestro Finn di Star Wars con cui il confronto è inevitabile e dal quale Jake ne esce tremendamente sconfitto, complici la costrizione del frizzante John Boyega in una scomoda corazza e la presenza di una granitica spalla (Scott Eastwood) poco efficace.
Si ritrovano alcuni vecchi personaggi, “mutati” dagli eventi; mentre ai numerosi cadetti che guidano in battaglia il parterre robotico non è dato il tempo di farsi conoscere e il loro sacrificio non resta nel cuore. Le battute non coinvolgono e gli sfolgoranti combattimenti mancano di fluidità. I Kaijū ritornano, ma la loro apparizione è tardiva, ed è proprio questo il fragile nocciolo meccanico di Pacific Rim – La rivolta che punta tutto sulla quantità senza badare ai numerosi “bypass” di sceneggiatura. Un sequel terribile, a dir poco inutile.